26 aprile 2012

Repertorio de' Pazzi

Una era borghesemente vestita, e se ne stava nell'aiuola di fronte al palazzo di giustizia a leggere ad alta voce sentenze di alto materiale giuridico.

 «Per naufragio doloso, sono due anni di confino, signori. Che avete da guardare, il nylon non vi piace?» La mezza stagione non aiuta. Marzia abbassa i denari delle calze e le sfila con la punta delle dita, delicate da sfociare nel disgusto. «È un difetto di lealtà, capitano, è l'equipaggio di una nave che ne inscena la deriva e ne chiede risarcimento.» Anche le collane divengono leggere, la pesantezza del metallo macchia la pelle, le pieghe del collo si sporcano, e sudano. Marzia ha perle bianche, come se marzo le tingesse di un insano pacifismo. Le allontana come uno scialle e le scuote. Di continuo. «Il confino, o la forca signori, a chi per dolo o trascuratezza contraffà il giornale di bordo. Non ne faccia una questione di diritto, lei! Qui si tratta di dovere o del senso che ne abbiamo.» Così, a primavera, Marzia sistema la carta di identità come vorrebbe davvero che fosse, lo spread tra ciò che è e quello che vorrebbe per sé. Poi esce, raggiunge il palazzo di giustizia, si siede sul quinto scalino e ricomincia «ed oggi a voi signori, canto numero ventuno, la morte per reato di concussione, la bolgia per chi pecca di baratteria.»

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