Alter-eghi



Buongiorno sono io, sì, quella di prima.

La stanza è ventosa e chiara, i fogli si spostano posseduti da un'anima gitana. Dietro una scrivania di gomma di Design* spunta il lungo collo di un germano reale. Gli occhiali sul becco, le piume smaltate, il collo rotondo e ridicolo di una camicia bianca di ricami. Infine un copricapo islamico sotto i Rayban da vista. Entra una ragazza magra. Con le braccia lunghe, l'aria molto sveglia e gli occhi blu iniettati di Redbull.

Poi entro io, bianca, scomposta e di fretta per forza.

- Buongiorno sono io, sì, quella di prima.

Dico. Ma la ragazza magra mi doppia in perfetta sincronia, apre e chiude la bocca e la faccia intera. Io dietro sbraito, un po’ sputacchio perché, sì, ho questo problemino di foga e salivazione che crea imbarazzo. Lei mi sta esattamente piantata davanti e si muove come mi muovo io, ride quando rido io, mugugna pure e le cadono le cose come spesso accade a me. Si sistema le forcine di uno chignon decadente a destra e controlla che tutti i suoi orecchini siano ben chiusi, perché non entri aria nei buchi. Che poi con i colpi d’aria non si sa mai.

Comincio ad innervosirmi. Non è proprio nervoso, è un miscuglio di noia e inquietudine che desidera il termine di quella situazione precaria. Il mio carattere ha questa peculiarità: vanta passaggi di stato molto permeabili e fluidi. Così da ghiacciolo al cemento divengo pozzanghera rosa di granatina. E le delusioni evaporano presto dopo i tagli del freddo, il sangue che cola e un paio di minuti passati a sbuffare con i piedi a mollo nella pozza di bile di produzione propria.

Ho 26 anni e si vede quando non serve.

Vivo con un’amica in carne ed ossa e un mucchio di amici immaginari: molti hanno forma di animale, altri di bambino (l’animale più temibile), altri ancora non sono esattamente amici, ma non me ne libero. Come per esempio di questa ragazza magra qui, a metà tra un manga e un ologramma, che se ne sta zitta quando io sto zitta e appena parlo eccola che attacca con la sua parlantina filante.

D’altronde i silenzi sono pochi. Sono una chiacchierona. Rompo il ghiaccio col cuore che romba come un microchip emozionale e poi basta. Passaggio di stato, si scioglie la lingua, il cinema dei primi tempi comincia a suonare. Anche ora tento l’ennesima domanda, alzo la mano, ma niente da fare. Paperoga laggiù fa’ parlare il mio angelo custode.

Pazienza.

Ne ho da vendere. M’arrabbio poco, dimentico di tenere il muso. Ma odio perdere a tavolino. Mi piace il confronto, lo trovo arricchente, anche se a fatica cambio idea e se la cambio sono grata a chi mi ha fatto riflettere. Il punto di vista dell’altro spesso illumina parti di me che non conosco e, ogni volta, sono grata a chi mi scopre come non sapevo di essere. Considero la stima e il rispetto sinonimi di amore.

Senza alcun rispetto e in barba alla pazienza chiedo al mio alter ego di che segno è. Glielo chiedo in sardo perché adoro Michela Murgia, Milena Agus e Bergonzoni (che sardo non è ma se glielo si chiede lo fa). Adoro anche Vonnegut e Cortàzar ma sfodererei senza pudore un inglese non buonissimo, uno spagnolo scolastico. A richiesta un ottimo francese e un latino fluente.

L’Alter mi domanda di che segno sono ma io non lo ascolto perché sono iperattiva. Davvero, è certificato, ho fatto un test su internet. Peraltro deve essere lo stesso che ha fatto la Lipperini e di cui parla nel suo buon saggio di chi sta con le bambine. Io e la Loredana nostrana abbiamo molte cose in comune. A partire dal nome. Ci chiamiamo entrambe Carolina (lei si fa chiamare Loredana un po’ come Madonna si fa chiamare Madonna).

L’Alter non si interessa di astronomia, e risponde con domande. La domanda è la risposta, ha ragione Jodorowsky. Mai pensato di fare leggere questo autore ai bambini che imparano l’alfabeto internazionale? Manca solo la x di xilofono, ma si recupera con le incognite in matematica. Io, che sono una filosofa medievale e che di maieutica ne so a bizzeffe, comincio con l’interrogare il mio Alter per vedere di cavar fuori qualcosa di buono. Comincio con un paio di domandine da Alphatest per esempio, chi è il segretario generale dell’Onu.

Chi è il segretario generale dell’Onu mi chiede lui, di riflesso. Io tentenno, ci penso un attimo e mi vengono in mente tutti i telegiornali di marzo e tutti quelli della prima metà di aprile. Ho anche un paio di idee su come fare i prossimi.

- Ban ki-moon.

- Non è in elenco.

Mi risponde il germano reale consultando le carte gitane di cui sopra.

Ostrega. Ecco. Lo sapevo. L’Alter fa lo gnorri e fischietta seduto sul divano. Tra le mani un Kindle nuovo fiammante, ripieno di libri antichi sfogliabili con gli occhi. Lui li evidenza con un blue ray che dagli occhi arriva diretto sullo schermo. Io lo invidio, ma non ho tempo per invidiare. Lavoro in una bottega di commercio equo e solidale e maggio è tempo di bomboniere in latta del Madagascar, croci del Salvador, juta del Bangladesh. La new technology deve aiutare il sud del mondo a uscire dalla latrina. Twitter lo sta facendo. Io provo ad assecondarlo.

Il germano mi fa segno con l’aluccia di sloggiare. Aria, sottotitolo. Fuori dall’ufficio infuria il paint-ball. L’Alter-ragazza magra mi pedina. Poco male. Odio la solitudine. Anelo quella fisica ma temo la solitudine dello spirito, che ti strizza la gola come un panno bagnato. Quindi mi fermo e l’aspetto.

D’altronde, non tutti i magri vengono per nuocere.