03 novembre 2011

L'alba di notte

Ce ne stiamo lì e nessuna sa bene cosa dire. Tra me e te e l'inizio della pista ci saranno sì e no tre metri. Formiamo una sorta di triangolo rettangolo silenzioso. Io, te, la pista. Tre nei in questa luce innaturale piena di rumori. L'alba di notte, sopra la Malpensa, è una bolla che tiene dentro tutto quello che ci sta. Come un ascensore lo inghiotte e avanza. Guardo l'aeroporto come si guarda un UFO, con la stessa superficialità che fa sentire forti, il senso di superiorità vile che sostituisce la pigrizia quando ciò che non si conosce è da molti giudicato inspiegabile.

Ne fanno una malattia gli uccelli, di questa luce. Non riescono a migrare davvero, il bagliore li inganna facendosi credere altro. Il corridoio naturale del Parco del Ticino è sporco di una macchia nuova. Tu hai la felpa illuminata a giorno anche se sono le tre del mattino. È come se ci costruissero una piramide in bagno Elisa, e tu che fai sempre lo stesso percorso dalla camera al bagno te la trovi tra i piedi, cambi la rotta, passi sopra una piastrella su cui prima non passavi e raggiungi la tavolozza. Che sfortuna, non è una buona piastrella quella, è montata male, la via di fuga è stuccata alla buona, non è una piastrella da passeggio, è una piastrella vicino al water. Tanto vicino che chi vuoi che ci passi. Ma tu ci passi sopra e lei alla lunga collassa, si spezza. Per colpa della piramide Elisa, non del muratore. Per colpa dell'aeroporto Elisa, non del riscaldamento globale.


Fai le foto senza flash. Temo che quando verrà l'alba vera la linea di luce che divide il cielo sulla mia testa dal resto del mondo del cielo scompaia, o meglio, si nasconda grazie alla luce che obbliga il mattino. Temo di sentirmi molto più sola di giorno che di notte. Molto più sola sotto questo cielo che conosco e che so ingannatore e deviato che sotto il cielo che non conosco ed esploro senza remore, ingenua. Quegli uccelli che si spostano, che avranno pensato vedendo un tale abbaglio scendere dalle prealpi lombarde al mare di Genova? Forse si saranno fermati a riposare, come sempre, in questo bosco di marciapiedi e strade sgombre che si chiama Case Nuove. Forse avranno creduto fosse sempre giorno e volando fino allo sfinimento sono caduti a terra marci, senza un ramo che sia uno, dove risvegliarsi forti, a lato dell'A26. Non lo posso sapere. Forse le loro carovane nere si sono sfaldate, il cielo blu polizia ai piedi di quella città di mare e di sangue li ha scoperti fuori rotta e li ha dispersi. Rovinandone i disegni. Hanno continuato da soli, a tentoni. Come per la troppa luce, si rientra in casa d'estate e ci si sente estranei.

Dopo l'estate, di solito, mi ricompongo. Mi sistemo i capelli con le mani e decido cosa mi serve per sentirmi piena. Mi chiedo a quale pienezza mirino gli obiettivi che credevo buoni e, lenta, li paragono al pezzo di mondo che arriva fuori di me. È così che mi ridimensiono. Li vedo per un istante in tutto il loro essere fondamentali e sciocchi. Ed è in quel momento che mi sento bene. Ridimensionata e fortunata, col bisogno di sapere il perché gli altri ci ridimensionano. Gioco con la solitudine che mi attira e atterrisce. Con l'equilibrio che doma l'istinto. Con il grande che abbassa la testa del piccolo. E il piccolo impara, stratega, ad usare coordinata la sua piccolezza.

Sono le sei, Elisa andiamocene a casa. Costeggiamo le macchine parcheggiate del terminal uno che chiamano uno anche se è il secondo costruito, il secondo a cui si arriva partendo dalla mia città. L'aeroporto si sveglia repentinamente, non sono vere quelle storie delle luci che una dopo l'altra ridanno vita al mostro. È con un ruggito che il Minotauro si sveglia, non con l'aroma del caffè. Andiamocene a letto, dici, e mi chiedi se ho segnato sulla carta le parti che abbiamo percorso per capire dove cazzo dobbiamo riprendere venerdì sera. Annuisco, siamo state ferme tre ore Eli, avremo fatto si è no cento metri di rilevamenti.

Saliamo in macchina, insieme, stanche. È così semplice dire della solitudine, con qualcuno accanto. O con un dialogo, Elisa.

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