Si
piaceva, lei, schizzata sul vetro convesso dello schermo. Si piaceva
riflessa e mobile mentre serviva i clienti con la sicurezza magica di
chi comanda per un tempo limite. Per questo quando Walter aveva
deciso di spostare le macchinette in un angolo meno invasivo, a
Cinzia era dispiaciuto. Ne avevano discusso la sera stessa, mentre
lui contava i soldi della cassa e lei dava due giri di chiave per
l'abitudine di sentirsi sicura. Lui non ne vedeva la differenza, lei
ne faceva una questione estetica e un tantino personale. Così,
siccome alla lunga le cose non cambiavano, Cinzia se l'era messa in
tasca e aveva smesso di parlarne. D'altronde non era a lei che
spettavano tali decisioni e tanto meno aveva voglia di spaccarsi i
nervi su un diverbio tanto idiota.
Quando
cominciò con l'incollarvi il muso al vetro, lentamente smise di
vedersi bella. Il viso lasciava posto al collo lungo e magro, diritto
come un giunco era una lama che fendeva il vetro. La
fortuna, ipnotica, girava come uno spiedo, e il poker era un gioco
per bambini sullo schermo sadico di un videogame. Dentro a quella
creatura non un'anima ma due pozzi, gli stomaci. Uno stracolmo di
guadagni, l'altro ripieno di monete pronte per essere vinte. Allora,
i gettoni non contavano. Le macchinette a gettoni erano arrivate
dopo, quando Walter si era ridotto a liquidi da fame e Cinzia
arrivava sempre troppo tardi per poter passare in banca a cambiare le
banconote in monete da un euro e viceversa.
Ma
prima... prima bastava avere una moneta da un euro, farla scivolare
all'interno della fessura e ascoltarne il tintinnare ridondante. Un
orecchio attento era una miniera d'oro per il suo possessore e se il
rumore fosse stato quello giusto la volta buona non si sarebbe fatta
attendere.
A
casa Loris le sembrava sempre grande uguale. La stessa testa grossa e
ciondolante, la stessa voce rotta da un respiro pieno, che tutto in
una volta gli riempiva i bronchi d'aria greve. Le cose, al suo
bambino, si precipitavano tutte insieme in bocca e inciampando
nell'affanno riusciva quasi sempre a dirle tutte. Poi, non pago
davvero, ne inghiottiva gli avanzi e si chiudeva in un silenzio mite,
come quello degli stranieri. Cinzia sola condivideva quella pace
senza apprensione e, con l'incontenibile empatia dei colori
complementari, si facevano posto l'uno all'altra, scomodi entrambi
sul divano del salotto. La mattina si svegliavano stracci, con la
pelle di troppo piegata sotto gli occhi e la parlantina di chi ha
fretta di dirsi tutto prima di uscire e intanto esce e non sente
rispondere.
Con
la diligenza di una madre, Cinzia aveva cominciato a guardare gli
altri giocare. Voleva un metodo, non le bastavano le regole sciocche
che in superficie brandivano la successione delle forme. Era Walter
che ne programmava il sistema variandolo di tanto in tanto: sceglieva
il numero di giocate che, in uno squallido limbo, intervallavano
monotone quelle vincenti. Cinzia lo sapeva. E aveva cominciato a
contarle. Riconosceva le monete cadere, il peso che da eccitato si
faceva stanco sui bottoni da jukebox, il dondolare di chi avrebbe
dato il fegato per avere altri cinque euro da giocarsi. O anche solo
un'altra moneta, perché la prossima, di certo, sarebbe stata quella
buona. Quando credeva di aver contato bene, Cinzia mollava il banco,
strisciava sullo sgabello tondo, lo spingeva dietro col tallone e
giocava in piedi. Il più delle volte conveniva di essersi sbagliata e
tornava al lavoro.
Ma
poi ci fu quella volta, quella in cui vinse tanti soldi da stare
male. Cosa fece quella volta? Quella volta portò a Loris e Otto una
tavolozza nera ovale punteggiata di sushi e trascinò giuliva Loris
al cinema allo spettacolo delle dieci. Otto quella sera non si mosse
dalla guardiola e si addormentò duro e affamato come prima.
Già
il giorno seguente Walter aveva riprogrammato le macchinette e Cinzia
era stata costretta a ricominciare il conto. I gettoni arrivarono
dopo, insieme al licenziamento e al contrappasso.
La
fortuna, maledetta puttana, sembrava non avere tempo per lei. E lei,
nel vetro opaco, non si vedeva né bella né brutta, non ci vedeva
nulla di più che l'immagine di Madonna in una vecchia locandina che
Walter aveva tenuto appesa alla parete perché sai Cinzia, ti
assomiglia.
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