incredula parigi ti scalda le guance, il trenta dicembre dodici gradi. immagino possa essere un omaggio al mio spirito ricaricabile. o forse un invito a sopportare il freddo che viene. non ricordo tanto garbo da parte di un clima mai mite, fino ad ora. forse è che io a parigi mi sono sempre sentita estremamente libera e sciolta da ogni fetente nodo marinaro. e insieme, estremamente sola. senza appigli, numeri fissi, amicizie di vecchia data, pomelli delle scale. sola su una scala a pioli di serpenti annodati, come le illustrazioni di gianni rodari. qui ho imparato a bastarmi. forzatamente, forse. per la mia introversione naturale impacciata ed incapace a fidarsi fino in fondo. a sgomitare tra sconosciuti e conoscenti. ergendo barriere, prima ancora allungare un braccio per stringere una mano.
ma questa volta no alice. sarà stato il paracetamolo che costruisce il materassino tra le sinapsi funzionanti e la realtà irriverente. gli occhi lucidi del raffreddore che ti fanno vedere lo spettro possibile e l'arcobaleno. sarà per effetto della propoli alcolica che sostituisce la sciarpa nei tunnel fetenti della metro verso nord. o del piumone portentoso che scalda le membra e zigzaga vincendo gli spifferi. sarà belleville, catenaccio contro la solitudine o flipper soffocante che non comunica. e mi sento comoda e colma, come se avessimo passato tre giorni sul divano a fumare davanti ai cartoni animati di natale.
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