non sai perché, ma si chiude
il diaframma, lo spiraglio di luce, lo spettro di possibilità
e io mi sento solo sola a tenere aperte le porte dell'ascensore
con la fatica di chi spinge ed è respinto
spinge ed è travolto
spinge ed è come fosse in panciolle
passateci sopra, il tempo consola
passatemi sopra, come sulle strisce pedonali
mi chiudono dentro la metro gialla che da porta romana si scontra col duomo
ne esco a fatica, frastornata dal dubbio di un guasto inventato,
una città onnipresente e mai nota, un parcheggio che chiude
si chiude il mirino del mio occhio stanco
lo stringo sparando lacrime solide all'invasore guardingo
al semaforo topi di notte scorrono sotto il mio umore radente
qui
dove non cambia mai niente
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