Non sempre va benissimo. La capacità di riempire i buchi nei muri con lo stucco in modo uniforme la si apprende col tempo. Un po' come si apprende che i quadri non stanno su appesi ai chiodi piantati alla carlona col martello. Le viti, ci vogliono le viti, e il trapano e lo straccio inumidito sotto ad acchiappar fior fior di cemento disarmato che sbriciola via come fuliggine.
Così, soltanto dopo una miriade di buchi mal fatti, buchi sghembi, buchi storti, voragini e scolpite, uno impara a dar retta ai tutorial. A conoscere la pesantezza della propria mano, la forza dell'avambraccio che tiene e l'ampiezza della conca che il palmo prepara. E allora sì che ci si propone. Li faccio io i buchi nel muro, si dice agli astanti incapaci.
Per interminabili ore la genealogia del buco mi ha impegnato i pensieri lungo l'Argine Agosta, palude a destra e palude a sinistra. Mare salmastro e pescatori della domenica. Il clima mite della Bassa Ferrarese propone zanzare a cavallo, libellule allegre e una serie infinita di uccelli migratori. Non c'è luogo migliore ove sostare se non il Parco del Delta del Po. La palude marcia e vitale è luogo eletto per il cominciamento di molto. Se cammini senti ronzare, muovere, stare. Flamingo ballerini sullo sfondo rigato dall'acqua e dall'erba. Sulla testa strepitano uccelli tutto becco ed ali e quando è l'ora in picchiata verticale pescano a colpo sicuro. I gabbiani possenti ma pigri approfittano delle reti distese a mollo nell'acqua e si servono del pesce fresco quando l'uomo con le manovelle attende buone notizie. Da reti mute come me, ora, a pensar a buchi profondi posti lì tra una mattonella e l'altra di un mosaico ravennate. Abbandonati aperti tra la gola e il miocardio da qualcuno che ancora di buchi, quelli buoni, fatica a vederne la stabilità.
Si dorme male in tutto questo piano. Profondamente, la mattina si rinviene dal coma. Si ricordano i sogni egocentrici per forza, non tutta la storia, soprattutto i dialoghi. E se hai tempo te li racconto, se il pavone tace, garrulante e stridulo come una persiana da oliare. Te li racconto, mentre impregniamo i muri del sangue caldo rubato delle zanzare che collezioni. Te li racconto, con tutto il sangue pesante come vernice che cola dai muri che si levano, si screpolano, si tolgono e lasciano le pareti nude. E resta niente, se non si sta attenti, niente con cui ripararsi.
Si dorme male in tutto questo piano. Profondamente, la mattina si rinviene dal coma. Si ricordano i sogni egocentrici per forza, non tutta la storia, soprattutto i dialoghi. E se hai tempo te li racconto, se il pavone tace, garrulante e stridulo come una persiana da oliare. Te li racconto, mentre impregniamo i muri del sangue caldo rubato delle zanzare che collezioni. Te li racconto, con tutto il sangue pesante come vernice che cola dai muri che si levano, si screpolano, si tolgono e lasciano le pareti nude. E resta niente, se non si sta attenti, niente con cui ripararsi.
Colpa dei buchi. Fatti male, fanno male.
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