Rientra e riesce Melinda dal mare.
Di gente in attesa del rientro massivo.
S'avvicina alla battigia ed i piedi sprofondano.
Scende dall'auto e se la chiude alle spalle.
Le macchine in fila ordinate, tra gli oleandri che paiono liane.
Melinda s'arrampica sul guard reil scalcinato. Le scivolano i piedi coperti di sabbia.
Come sul pavimento di seta delle chiese deserte al mese di agosto.
Pour se souvenir quando sarà l'occasione. In piedi rialzata osserva l'intorno.
La gente tentenna ai banchi dei libri.
Trascina sacchi ripieni di frutta.
Qualcuno tossisce.
Sulla sue fiacche dei sandali duri. Bollicine leggère, una fiaba infantile.
Qualcuno fatica a salire sui bus. Scivola piano sulla pedana la carrozzella ingombrante che ronza.
Melinda affonda il mento tra i fogli. Conviene decidere la strada migliore.
Evitare l'ora delle zanzare, al tramonto dei campi che guardano ad est. Pensare all'orario di rientro degli altri, capire i luoghi vicini e lontani. Le arterie e i diametri. L'alta percorrenza. L'Aurelia infinita. I sentieri da battere. Incontri molesti. Un topo di campo.
Volante alla mano, la spada nel fodero. Il cervo giace immobile al sole. Col dorso corvino che luccica e un naso sul muso che pare pungere l'uomo. Le dimensioni non contano, dicono.
Melinda riceve una palla non sua. Al di là della rete si vede la metro. Sopraelevata sul dodicesimo. E campi da gioco sotto i ponti di ferro. Sei so USA vecchia mia Europa.
Melinda rifugge i viaggi nel tempo.
Anche se Inception è uscito da mesi.
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